giovedì 15 ottobre 2015

Il teleracconto video-artistico di Giacomo Verde

Se si legge i curriculum di vari artisti e collettivi degli anni’80 o ’90 si trovano spesso accenni alla contaminazione e alla trasversalità dei linguaggio. L’opera non può essere “descritta attraverso un genere o una tipologia artistica”, ecc., ecc. A volte si afferma l’importanza di non “fossilizzarsi” su un linguaggio unico.

La tecnologia video e in seguito quella digitale abbiano aperto la strada ad una tale libertà, e una conseguente ebbrezza, che è impossibile ora non trovare proprio nella contaminazione o nel mischiamento qualcosa come un’etica d’azione.
Anche se secondo me non è poi così terribile a volte “fossilizzarsi” specialmente se parliamo di immagini elettroniche così diafane, atemporali, così “fossili di luce”… c’è chi ha trovato nella ricerca di sempre nuove contaminazioni una cifra espressiva e ha tracciato la storia di una ricerca prolifica, appassionata, di grande interesse artistico.

Giacomo Verde, napoletano d’origine, diplomato a Firenze, ha condotto la sua attività artistica tra Treviso, Lucca e il Mondo e può essere considerato uno dei più importanti videoartisti italiani. La sua attività cominciata nell’inizio degli anni ’80 è contraddistinta da un confronto continuo con le tecnologie audiovisive, da parecchi “colpi di genio” come l’invenzione del Tele racconto. E da una spiccata attenzione per gli aspetti etici e didattici (l’artivismo tecnologico).


Nelle opere degli anni’80 l’immagine video e la sua arcaica manipolazione sono protagoniste. Verde realizza sovrapposizioni grafiche di vario tipo, come l’uso delle impronte digitali in Opera d’arto in cui il calco di un piede ingessato si impone con effetti analogici agli sfondi delle riprese. Effetti che paiono oggi molto naiff.

Si annoverano inoltre i primi casi di computer grafica mischiata con il video analogico ma senza dimenticare mai o quasi mai la manualità dell’arte diretta, improvvisata, di strada, tutt’altro che classicista.


La performance prende appunto il sopravvento, come nelle incursioni di Banda Magnetica, gruppo fondato da Verde ed altri artisti, dedito a teatro musica azioni di strada ma anche televisiva. Verde appare infatti in molte trasmissioni televisive e riesce a far parte della miglior tradizione sperimentale della RAI Tv.

In seguito l’artista si dedicherà a performance individuali come SeStessiVideo o RIVEL AZIONE in cui smonta/distrugge un televisore per poi recuperare la filigrana dello schermo e dipingerci sopra con i colori primari una nuova opera nell’opera.
 


 Ma ciò che attrae più le attenzioni di questo mio blog è il Tele Racconto.
Verde applica questa invenzione in più contesti e facendolo combaciare a storie, fiabe, diverse. Essa si basa sulla manipolazione di oggetti o personaggi su un piccolo palco virtuale, a volte lo schermo di un televisore su cui è puntata una telecamera la quale, riprendendo la sua immagine trasmessa nel tv, crea una stimolante ripetizione del soggetto.
Con questo suo apparato Verde da vita con un “cyberglove” ai personaggi del progetto Euclide di Stefano Roveda collaboratore di Studio Azzurro.


Il tele-racconto, animato dall’artista spostando manualmente i soggetti/personaggi, ha un che di incantevole e nello stesso minaccioso, conturbante come se tutto avvenisse all’interno di un grembo onirico, uno scenario uterino su cui gravano paure basiche. La cosi detta “pancia della balena” e i suoi magici ricordi hanno le stesse vibrazioni dei fotogrammi video che continuano a intorpidire, dolcemente, lo schermo del proiettore….

Il racconto di Verde avvolge, aliena, imprigiona i suoi personaggi ma ne libera fluidi fluttuanti… Il pubblico segue ovattato. Il tele racconto è come un racconto uterino, in-cinto della tecnologia che utilizza e rende il “cromosoma” della videoarte misteriosamente chiaro…

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